ALIRIDenominazioni alternative
Liri, Luri, Arili, Oliri, Obiri Localizzazione geografica e situazione attuale IGM foglio 548 sezione IV - Senorbì, scala 1:25.000; altitudine ca. 230/250 metri s.l.m. - Toponimi segnalati: Piano Obiri, Nuraghi Oliri, Gruxi Oliri, S. Pietro. Il villaggio era situato nella valle di Oliri, in località Santu Pedru, nei pressi dell'omonima chiesa, a circa 4,5 km da Samatzai. Sorse in una vallata ai piedi di un insieme di basse colline marnose che lo separavano fisicamente dal resto della Trexenta, in posizione più aperta verso il Campidano. Il sito si sviluppò su un preesistente insediamento nuragico del quale attualmente residuano solo le fondamenta di un nuraghe complesso sul quale negli scorsi anni è stata edificata una fattoria. Nei pressi della chiesa di San Pietro è presente una sorgente, oltre ad alcuni pozzi realizzati in epoca imprecisata. Poco distante si trovano i nuraghi Sant'Aleni e Bruncu de Pannedda oltre a diverse tombe di giganti. La zona era densamente frequentata anche in epoca romana, come testimoniato dai frammenti di embrici e di terracotta che si rinvengono in superficie in diversi siti posti nelle immediate vicinanze. Il sopra menzionato toponimo di Sant'Aleni, potrebbe lasciar trasparire una continuità di frequentazione anche in epoca altomedievale. Il territorio del villaggio confinava con Bangiu de Aliri, Sioco, Samatzai, Serrenti, Fraus e Pau Antica diocesi di appartenenza: Dolia Notizie e documenti storici La prima attestazione della villa è nella cosiddetta donazione della Trexenta nella quale vengono dettagliatamente elencati i confini della Curatoria e di conseguenza i confini esterni delle ville donate. Dopo la scomparsa e lo smembramento del Giudicato di Cagliari avvenuto nel 1247/58, un terzo del territorio giudicale, tra cui anche la Trexenta, fu assegnato a Guglielmo di Capraia che rivestiva altresì la carica di giudice d'Arborea. A Guglielmo successe Mariano di Bas, il quale nominò il Comune di Pisa erede universale. Alla morte di Mariano seguirono una serie di contese tra gli eredi Capraia e Pisa, ed i territori facenti parte del terzo cagliaritano furono confiscati dal comune toscano nel 1307. A partire dal 1313 Pisa prese ad amministrare direttamente i territori della Trexenta nominando dei rettori e dei funzionari e procedendo a periodici censimenti fiscali denominati "Composizioni". Nella composizione del 1320/22 rileviamo che gli introiti che il Comune pisano prevedeva di incassare ammontavano complessivamente a 24 libbre in moneta (di cui 19 "pro datio", 3 "pro dirictu tebernarum vini" e 2 "pro servo pisani Comunis". Era prevista inoltre la corresponsione di 156 starelli di grano e 120 di orzo. Questa composizione successivamente confluì nel 1358/59, nel cosiddetto "Compartiment de Serdenya" realizzato dai catalano-aragonesi, utilizzando anche le statistiche predisposte in precedenza dai pisani. A seguito dell'invasione catalano-aragonese nel maggio del 1325, Aliri venne infeudata al valenzano Francesc Carroz, unitamente alle ville di Siocco, Donigala Alba e Segolai, sempre in Trexenta, e Mandas, Escolca e Nurri, site nella Curatoria di Siurgus. Nel luglio dello stesso anno, l'infante Alfonso infeudò Aliri a Pietro Penna, notaio di Ugone II d'Arborea, a patto che detta villa non fosse già stata concessa ad altri. In questa ipotesi si concedeva in alternativa la villa di Ortacesus. Poichè entrambe erano già state concesse, il Penna ottenne la riduzione del censo su un orto ed altri beni precedentemente avuti in enfiteusi. La concessione in feudo della Villa di Aliri (nonchè di quella di San Venesio) venne contestata dalla badessa del monastero di San Greca di Decimo, la quale nel 1327, si rivolgeva all'infante Alfonso sostenendo di essere stata danneggiata da parte degli heretats che si erano appropriati di beni e redditi del monastero. La religiosa ottenne l'appoggio dell'Infante che diede ordine al governatore di rendere giustizia al monastero. Con la seconda e definitiva pace del 1326 tra Pisa ed Aragona, la Trexenta venne concessa in feudo al Comune pisano che riprese ad amministrarla con propri funzionari. Se il suddetto trattato pose fine alla guerra, non fece comunque cessare i soprusi e le vessazioni da parte degli iberici nei confronti dei pisani e delle popolazioni a loro sottoposte. Abbiamo notizie di diversi episodi, anche cruenti, ai danni delle popolazioni della Trexenta e di Aliri in particolare. Infatti nel 1345, a causa del contenzioso in essere tra il citato monastero ed il vicario di Pisa in Sardegna, avente ad oggetto i redditi della villa di Aulis (da identificarsi con Alliri/Arilis) ad un certo Giovanni Squirri, della confinate Dei, vennero sottratte con forza 200 pecore e 150 agnelli dal catalano Pere Martì, procuratore del "monasterij sancte Girche". Lo Squirri presentò quindi una petizione al Comune di Pisa per ottenere giustizia ed una commissione di savi si espresse per concedergli un giusto risarcimento. La villa viene segnalata con una certa discontinuità nelle vendite di sale delle saline cagliaritane. Nel periodo 30 agosto 1347 / 31 luglio 1348, vengono registrati diversi acquisti per un totale di 13 quartini e dobbiamo aspettare il periodo 1 maggio 1361 / 30 aprile 1362 per trovare nuove registrazioni. Le fonti si interrompono nuovamente, sino ai periodi 1389/90 e 1392/93. La composizione del 1359 risulta più articolata rispetto alla precedente. "Villa Arilis" contribuiva "pro datio" con 8 libbre di alfonsini minuti oltre a 3 libbre per "dirictu tabernarium". Inoltre gli abitanti dovevano fornire 60 starelli di grano ed altrettanti d'orzo. I "palators" invece contribuivano "una - tantum" con uno starello di grano ed uno d'orzo. Nel documento sono inoltre elencati, distinti per varie categorie, i diversi contribuenti: 5 majores, che aravano con due gioghi; 8 mediocribus, che aravano con un giogo; 4 minoribus e palatores; 1 libero. Rispetto alla composizione del 1320/22 si nota un significativo decremento degli introiti in moneta che passano da 24 a 11 lb. Per gli introiti in natura invece, il calo è ancora più marcato in quanto quello in grano passa da 156 a 60 starelli e quello in orzo, da 120 a 60. La causa del decadimento potrebbe essere dovuta alla peste del 1348 nonchè al fatto che la vicina Serrenti in diverse occasioni, fu teatro di concentrazione di truppe per le operazioni militari in corso. Il dominio pisano si protrasse sino al 1365 quando le truppe giudicali invasero la Trexenta. Dopo la sconfitta arborense a Sanluri, il 30 giugno 1409, la Curatoria venne amministrata direttamente dalla Corona. Probabilmente è in questo periodo che la villa si spopolò definitivamente ed il suo territorio venne inglobato per la maggior parte, dalla confinante Samatzai. Notiamo infatti che nell'infeudazione della Trexenta a Giacomo De Besora, nel febbraio 1421, Aliri non viene menzionata, anche se non è comunque da escludere che in precedenza il villaggio fosse già stato scorporato dal resto della Trexenta ed infeudato a qualche altro "hererat" iberico. Infatti la villa risulta menzionata, come spopolata, in un atto di vendita del 2 giugno 1432, a favore di Bernardo Roff di Cagliari. La ritroviamo nuovamente, sempre come spopolata, nel testamento del 31 ottobre 1494, di Perotus Ludovicus de Erill. Nel 1542 l'imperatore Carlo V, con apposito diploma, ne approvava la vendita insieme ad altre ville, da D. Antonio de Erill in favore di D. Salvatore Aymerich, mediante il prezzo di dodicimila ducati d'oro largo valenzano. Pur essendo ormai da tempo deserta, Aliri, o meglio i suoi antichi territori, continuava a rientrare nelle mire dei feudatari iberici. Agli inizi del '700 infatti, Giovanni de Cervellon moriva senza eredi maschi, per cui i feudi di Samatzai, Arili e Tradori, furono occupati da sua sorella Marianna de Cervellon, che però entrò in lite con il Fisco per causa di una devoluzione ed un altro erede, Pietro Emanuele de Cervellon, in qualità di agnato discendente da Gerolamo Cervello, ottenne i feudi contestati venendone integrato nel possesso con sentenza a lui favorevole nel novembre del 1704 Luoghi di culto Dell'antico villaggio rimanevano sino alla metà degli anni '70 del secolo scorso, i ruderi dell'antica chiesa di San Pietro, ricostruita agli inizi degli anni '80 ed utilizzata in occasione della festa che si svolge al termine dei lavori di mietitura, la prima o la seconda domenica di luglio. A qualche centinaio di metri esiste il toponimo Sant'Aleni, che potrebbe essere riconducibile ad un'altra chiesa, documentata alla metà del XIV secolo Nella mappa, la chiesa esistente è segnalata con la denominazione "S. Pietro" e poco più a sud, è segnalata l'area "S. Elena" Scopri maggiori notizie in chiesecampestri.it Esplora il territorio vai alla mappa Scheda a cura di Sergio Sailis, studioso di storia locale - vai al suo blog trexenta storica |
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