SIOCCUDenominazioni alternative
Siochu, Seocu, Sebocu, Sehocu Localizzazione geografica e situazione attuale I.G.M. foglio 548 sezione IV - Senorbì, scala 1:25.000; altitudine ca. 250 metri s.l.m. - toponimi segnalati: Sioccu, Domu de Sioccu, Nuraghe Sioccu, Santu Iaccu Il territorio è caratterizzato da un ondulato altipiano di modesta altezza dominato dalla collina di origine vulcanica di Sioccu e con ampia veduta sulla conca centrale della Trexenta. Come per la maggiorparte delle ville trexentesi scomparse, di Sioccu non rimangono vestigia evidenti in quanto l'attività agricola, specialmente di questi ultimi decenni, ha cancellato i residui che comunque potevano essere ancora visibili a metà dell'800, secondo quanto testimoniato dall'Angius. La zona era abitata sin dall'epoca preistorica come dimostrano le domus de janas di Corongiu e Pranu Efis, distanti qualche chilometro. Dell'epoca nuragica avanzano diversi nuraghi tra i quali il Sioccu, Cuccur'e figu, Planu Lasina, Bruncu Ammurada, Bruncu su Senzu ed altri, oltre a diverse tombe di giganti tra le quali Santu Pedru, le due di Ottandria e quella posta poco più a nord di Cuccur'e figu; il tutto in un raggio di un paio di chilomentri. Il sito risulta essere frequentato ininterrottamente sia nel periodo romano che in quello bizantino, come si deduce da frequenti ritrovamenti di materiale ceramico e sepolture. Il suo territorio confinava con le ville di Turri, Bangio Donico, Deu, Aliri e Bangiu Aliri e dopo la sua scomparsa i fondi di sua pertinenza vennero inglobati dalle ville di Guasila, Ortacesus e in misura più consistente, da Pimentel, sorta intorno al 1670 per ricolonizzare un'ampia area ormai spopolata da qualche secolo Antica diocesi di appartenenza: Dolia Notizie e documenti storici Anche Siocu è menzionato nella cosiddetta "donazione della Trexenta" ed a seconda dell'edizione di questo documento, il nome assume diverse forme, in Siochu, Sioco, Seocu. Dopo la scomparsa e lo smembramento del Giudicato di Cagliari avvenuto nel 1257/58, un terzo del territorio giudicale, tra cui la Trexenta, fu assegnato a Guglielmo di Capraia che rivestiva altresì la carica di giudice di Arborea. A questi successe Mariano di Bas, il quale nominò il Comune di Pisa erede universale. Alla morte di Mariano seguirono una serie di contese tra gli eredi Capraia e Pisa ed i territori facenti parte del terzo cagliaritano, furono confiscati dal comune toscano nel 1307. A partire dal 1313 Pisa prese ad amministrare direttamente i possedimenti della Trexenta, nominando dei rettori e dei funzionari e procedendo a periodici censimenti fiscali denominati "Composizioni". Dalla composizione realizzata negli anni 1320/22, ricaviamo che "Villa Scocchu" doveva versare al comune toscano per "datio" 4 libbre, "pro dirictu tabernarum" 1 libbra e 10 soldi ed infine "pro quandam pentione terre" 4 soldi. In natura doveva inoltre corrispondere 50 starelli di grano e 36 di orzo. A seguito della conquista dell'isola da parte dei catalano-aragonesi il villaggio venne infeudato al valenzano Francesco Carroz (figlio dell'ammiraglio omonimo) in data 1 maggio 1325, unitamente ad Arili, Donigala Alba e Segolai, site anch'esse in Trexenta e Mandas, Escolca e Nurri, site nella curatoria di Siurgus. Dopo la seconda pace con Pisa, la Trexenta unitamente alla curatoria di Gippi, venne concessa in feudo al comune toscano che la amministrò tramite propri funzionari. Questi ripresero a redigere le stime sugli introiti derivanti dal possesso dei feudi e nella composizione del 1359 Sioccu veniva indicata come "Villa Scocchi" e, dagli introiti che Pisa ne ricavava, doveva essere tra le ville trexentesi medio-piccole; gli abitanti del villaggio infatti dovevano corrispondere 4 libbre a titolo di "datio" oltre a 40 starelli di grano ed altrettanti d'orzo, più uno starello una tantum sia di grano che d'orzo, dovuto dai "palators". Il Comune aveva ancora dei possessi fondiari concessi in affitto e dal quale ricavava 4 soldi. Si conoscono inoltre i nomi dei contribuenti e rispetto alla precedente composizione del 1320/22 restano invariati gli introiti in moneta, mentre aumenta il quantitativo d'orzo e diminuisce quello in grano che gli abitanti dovevano corrispondere. Per il villaggio sono documentati diversi casi di acquisti di sale minuto dalle saline di Cagliari ma non viene citata nelle raccolte di decime e censi nelle Collettorie dell'Archivio Vaticano che coprono il periodo 1341/1359 per quanto queste ci siano pervenute incomplete Non sappiamo con esattezza sino a quando si protrasse il dominio di Pisa ma sicuramente dopo il 1362 e più probabilmente sino al 1365, quando riprese d'intensità la guerra tra Arborea ed Aragona e la Trexenta venne occupata dalle truppe giudicali. Dalla documentazione non è ben chiaro quando cessò il possesso da parte degli arborensi e quando la Corona riprese il controllo del territorio; sappiamo comunque che la Trexenta e quindi anche Sioccu, nel 1421 venne infeudata per meriti militari al catalano Giacomo de Besora. E' probabile che in quel momento il villaggio fosse già abbandonato o si avviasse al definitivo spopolamento. Secondo quanto riporta il Fara il villaggio nel 1584 era disabitato Luoghi di culto La villa era ricompresa nella diocesi di Dolia come il resto della Trexenta e la chiesa, o una delle chiese, era intitolata a San Giacomo. Circa a metà dell'Ottocento Angius nel trattare del villaggio di Pimentel, così riportava: " In due diversi siti di questo territorio vedonsi chiare le vestigie di due popolazioni, una verso tramontana, dov'era la chiesa di s. Giacomo, della quale si è dimenticato il nome.." Di questa chiesa purtroppo non rimangono resti evidenti ma la tradizione orale ancora oggi è concorde sulla sua localizzazione, a destra della provinciale 34 Pimentel-Guasila, nella località appunto denominata Santu Jaccu. Nella carta è segnalata la località "SANTU IACCU" Scopri maggiori notizie in chiesecampestri.it Esplora il territorio vai alla mappa Scheda a cura di Sergio Sailis, studioso di storia locale - vai al suo blog trexenta storica |
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