SIMIERIDenominazioni alternative
Simieli Localizzazione geografica e situazione attuale IGM Foglio 548 sezione IV - Senorbì, scala 1:25.000; altitudine ca. 200 metri s.l.m. - toponimi segnalati: Simieri Verso la metà dell'800 l'Angius commentando i ruderi di antichi abitati situati nelle vicinanze di Senorbì, scriveva: " ... A settentrione in distanza dal paese di un terzo di miglio era il villaggio di Simieri ...". Il villaggio sorgeva infatti a breve distanza dal centro abitato di Senorbì, ma nell'estremità meridionale del territorio di Suelli; era localizzato su un pianoro che degrada nella valle del Riu Canali e del suo affluente Riu Cixi; da questo punto si domina tutta la conca centrale della Trexenta, che in periodo medioevale era in parte ricoperta da paludi, bonificate solo in tempi recenti. La zona risulta frequentata sin dal periodo nuragico; nelle immediate vicinanze infatti si trova il "Nuraxi Mannu de Simieri" e, a circa 800 metri più a nord-ovest, poco distante dai ruderi della chiesa di Nostra Signora d'Itria (territorio di Selegas), il nuraghe "Corru Cottu", ormai quasi completamente distrutto. Qualche centinaio di metri più a sud, in agro di Senorbì, inoltre il Taramelli riportò del ritrovamento di una tomba a fossa di epoca nuragica, nella quale si rinvennero i resti di 5 lamine in bronzo probabilmente attribuibili ad una corazza ed i i frammenti di una spada che, per le sue dimensioni, ipotizzò fosse ad uso votivo. Simieri confinava con Cixi, Senorbì, Villacampo, Ortacesus ed Arcu. Dell'antico insediamento ormai non rimane traccia in quanto i terreni sono intensamente sfruttati a scopo agricolo; si notano solo mucchi di pietrame derivati dalle opere di spietramento Antica diocesi di appartenenza: Dolia Notizie e documenti storici Nell'ultima fase della sua esistenza il villaggio ebbe un periodo alquanto travagliato, in quanto fu oggetto di dispute, con risvolti anche violenti, tra il vescovo di Suelli ed i feudatari catalano-aragonesi. Infatti nel XIII secolo i giudici di Cagliari donarono la villa al vescovato di Suelli ed in epoca aragonese (e forse ancor prima in epoca pisana), nacquero dei forti contrasti per il suo possesso; tali contese sfociarono in una vertenza giudiziaria che si protrasse sino alla fine del XV secolo e si concluse con la reintegrazione dei diritti vantati dal suddetto vescovo. La prima attestazione della villa dovrebbe essere in un documento, pubblicato dal Solmi nelle cosiddette "Carte volgari campidanesi"; in particolare nella Carta XI giugno 1215, la giudicessa di Cagliari, Benedetta, conferma al vescovado di Suelli le concessioni fatte in precedenza dai giudici cagliaritani a favore della cattedrale di San Giorgio, accrescendole di nuove. In questo documento si ripercorre la donazione della villa di Suelli, effettuata da Torchitorio e la donazione della villa di Simieri, successivamente fatta da sua moglie Nispella. L'insediamento è menzionato inoltre nella cosiddetta "donazione della Trexenta" nella quale "sa villa de Simieli" faceva parte di quelle donate da Torchitorio a suo figlio Salusio; non sono però riportati i confini in quanto la villa era posta all'interno della Curatoria. Si può notare subito che questi due documenti (peraltro entrambi sospettati essere dei falsi o perlomeno oggetto di interpolazione in epoca catalana) sono contrastanti in quanto nell'arco di pochi anni, il villaggio venne donato dai giudici cagliaritani una prima volta al vescovo di Suelli e successivamente a Salusio. Dopo la scomparsa e lo smembramento del Giudicato di Cagliari avvenuta nel 1257/58, un terzo del territorio giudicale, tra cui anche la Trexenta, fu assegnato a Guglielmo di Capraia, giudice di Arborea. A questi successe Mariano de Bas il quale nominò il Comune di Pisa erede universale. Alla morte di Mariano seguirono una serie di contese tra gli eredi Capraia e Pisa, ed i territori facenti parte del terzo cagliaritano furono acquisiti dal comune toscano nel 1307. A partire dal 1313 Pisa prese ad amministrare direttamente i territori della Trexenta, nominando dei rettori e dei funzionari e procedendo a periodici censimenti fiscali denominati appunto "Composizioni". Dalla "Composizione" pisana del 1320/22 emerge che Simieri contribuiva alle entrate del comune toscano complessivamente con 17 lb e 1 soldo, oltre che con 24 starelli di grano e 18 di orzo. Dopo l'invasione dei catalano-aragonesi del 1323, il villaggio, in data 11 luglio 1324, venne concesso in feudo dall'infante Alfonso al catalano Pere de Montpaò, unitamente alle vicine ville di Senorbì e Sebera. Il possesso del feudo da parte del catalano fu di breve durata in quanto dopo la ripresa delle ostilità tra gli aragonesi e i pisani e la definitiva sconfitta di questi ultimi, si addiviene alla pace del 25 aprile 1326, con la quale la Corona d'Aragona concesse al comune toscano le Curatorie di Trexenta e di Gippi. Dalla successiva "Composizione" pisana del 1359, molto più dettagliata della precedente rileviamo che Villa Simieri contribuisce con un versamento in moneta di 8 libbre e 10 soldi, oltre che con 26 starelli di grano ed altrettanti d'orzo, per i quali i "palators" a loro volta contribuivano "una tantum" con uno starello di grano ed uno di orzo. Simieri viene altresì ricordata nei conti del sale e per i periodi 1355/56 e 1361/65, vengono riportati 4 acquirenti dalle saline di Cagliari Dal 1365 si riacutizza la guerra tra Arborea ed Aragona e dopo la sconfitta dei Sardi a Sanluri, nel 30 giugno 1409 la curatoria trexentese venne amministrata direttamente dalla Corona, anche se non è ben chiaro quando terminò definitivamente il controllo arborense; sappiamo comunque che la Trexenta, il 10 febbraio 1421 venne concessa per meriti militari al catalano Giacomo de Besora, al quale è concesso un rinnovo nel 1434. I primi contrasti tra il vescovo di Suelli e gli aragonesi si ebbero ancor prima di questa infeudazione e si riacutizzarono in quanto Besora, benchè la villa di Suelli non gli fosse stata concessa in feudo, era entrato a mano armata nei territori del villaggio rivendicandone il possesso ed alterando i confini, tanto da essere scomunicato. Le rivendicazioni dei feudatari iberici continuarono anche con gli eredi e la vicenda si conclude solo nel 1474. Simieri, nominata in un atto del 1455, anch'esso relativo alla detta vicenda, è probabile che sia stata abbandonata sul finire del XV secolo. Fara la dà per sicuramente disabitata, nel 1584 Edifici di culto Se ne ignora l'esistenza Esplora il territorio vai alla mappa Scheda a cura di Sergio Sailis, studioso di storia locale - vai al suo blog trexenta storica |
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