MAGARDenominazioni alternative
Mara, Mannuscola, Menar, Mavar Localizzazione geografica e situazione attuale I.G.M. foglio 456 sezione II - Ossi, scala 1:25.000; altitudine ca. 370 metri s.l.m. - Toponimi segnalati: Funtana 'e Mara; S. Margherita; S'Adde S. Andria; Santu Maltine; S. Giorgio Sita nell'area ancor oggi denominata "Mara" - era una delle più importanti ville del territorio, nata dallo stabilizzarsi di una presenza umana attestata in loco da molteplici ritrovamenti già in epoca romana. L'area che il villaggio un tempo occupava è stata rivoltata da secoli di lavoro agricolo e da recenti sistemazioni atte a migliorare la penetrabilità rurale della zona. Attorno alla chiesa di Santa Margherita, grandi cumuli di pietrame mostrano tutto quello che resta delle parti crollate dell'edificio sacro e delle antiche strutture abbandonate. Quello che ora è un campo coltivato un tempo era forse la "corte" dinanzi la chiesa, mentre il piccolo sentiero che la affiancava è stato considerevolmente ampliato e asfaltato da decenni. Se un bosco circondava il villaggio, ora non ne restano che poche tracce Antica diocesi di appartenenza: Torres Notizie e documenti storici Il villaggio diventò in breve tempo uno dei più popolati della zona. Trovandosi quasi al confine della vicina curatoria di Ficulinas fu scelto dal governo giudicale come sede di "iscolca", cioè sede di un presidio armato di controllo dei confini (almeno così lasciano intendere alcune notizie nel Condaghe di San Michele di Salvennor). Proprio per la presenza di questo presidio già dal XIII secolo fu chiamata anche "Mannuscola", vale a dire "grande iscolca", ammesso che con questo nome - riportato dal Fara - si intendesse il villaggio di Magar e non altri Tuttavia, nonostante la prosperità del centro, le notizie che possediamo sul suo conto sono assai esigue. Il CSMS, come già accennato, fornisce i nomi di alcuni "majores de Iscolca" di Magar che funsero da estimatori e testimoni per gli acquisti monastici nella villa di Bilikennor e sempre lo stesso condaghe ci dà i nomi di due individui che la legano al proprio "cognome". La scheda 287, invece, registra l'acquisto di una vigna posta tra Magar e la vicinissima Bilikennor e tra i testimoni vi era il majore de iscolca di Magar, Itocor de Querqui. Quello che colpisce in questa sede è però l'apparente coincidenza tra Magar e Bilikennor, che paiono i due nomi di uno stesso luogo. La spiegazione è da trovarsi nell'estrema vicinanza dei due centri e nella mancanza di soluzione di continuità tra le terre dell'uno e dell'altro. Alcuni - basandosi anche sull'ambiguità di questa scheda - hanno riunito i due nomi riferendoli ad un unico centro, ma così non era, come si evince facilmente da altre testimonianze documentarie nonchè da un'attenta analisi diretta dei siti in questione Il Condaghe di San Pietro di Silki riferisce le vicende di alcuni abitanti della villa. Sappiamo invece dalle fonti genovesi e aragonesi, che presso il villaggio, in località "Corona de Mandras", Giovanni Malaspina di Villafranca, aveva fatto costruire un mulino. L'area in questione è di difficile localizzazione. Gli unici mulini superstiti (assai antichi) si trovano infatti nei pressi di "Briai", ma l'unica località contigua associabile a "Corona de Mandras" è l'area di "Mandra 'e Musa", non troppo vicina tuttavia al salto di Magar In una carta data a Valencia il 28 aprile 1349 il re Pietro d'Aragona offre invece Magar e Save al corso (residente a Sassari) Godixello dela Oliva e tuttavia questi villaggi non sarebbero rimasti in mano a Godixello per molto tempo. Nel 1353, infatti, il sovrano li permutò con quello di Palma di Sulcis, perché nuovi accordi con i Malaspina prevedevano il ritorno nelle loro mani della curatoria di Coros. Nel 1362 il titolare del villaggio (qui chiamato Menar), Giovanni delo Teulargio, viene obbligato dal re ad offrire ogni anno alla città di Sassari 60 rasieri di frumento, per ristabilire le finanze del Capo di Logudoro e della principale città Dalle Rationes Decimarum Sardiniae apprendiamo che nel 1341 il rectore ecclesie de Mavar - Petro de Torrentibus - pagò otto libre in alfonsini minuti (al 15 giugno), otto libre al 13 novembre e, infine, altre otto al 29 marzo dell'anno successivo. Sempre nel 1342, ma al 26 settembre, lo stesso Petro de Torrentibus versò ben ventiquattro libre in alfonsini minuti. Nel 1346 ritroviamo ancora lo stesso rettore che versò - al 21 gennaio - otto libre di decima, questa volta in fiorini, al quindicesimo e al penultimo di ottobre dello stesso anno Nel 1358 il borgo contava sessanta uomini validi a combattere (ma gravava su di esso anche una imposta annua da 25 soldi). La popolazione doveva essere non troppo superiore alle duecento persone. Magar si spopolò certamente alle soglie del XV secolo, e non è difficile immaginare i pochi abitanti superstiti che, raccolte le proprie misere cose, si spostano ad Ossi o in un altro dei centri vicini Luoghi di culto A Magar appartennero le chiese di Santa Margherita, di cui tuttora persiste il rudere, e Sant'Andrea. Nel 1571 l'arcivescovo Martines del Villar aggregò la prima - rendite comprese - al capitolo turritano, per sostenere i canonici indigenti, mentre l'altra restò in mano al paese di Ossi che la tenne in buono stato sino al XIX secolo, quando cadde in rovina ed oggi ne se ne rilevano scarse tracce Altri edifici sacri, dei quali nell'area sopravvivono i toponimi, furono San Giorgio, San Lussorio e San Martino. Le prime due si trovavano distrutte alla metà del Settecento e l'altra è documentata nel Condaghe di San Michele di Salvennor. Una di queste potrebbe essere la “ecclesiam de Bilikennor”, possedimento vallombrosano e anche le altre potrebbero essere appartenute a tale insediamento, oppure alla nostra villa Nella mappa IGM Santa Margherita è segnalata con il simbolo di rudere Scopri maggiori notizie in chiesecampestri.it Esplora il territorio vai alla mappa Per la realizzazione della scheda è stato consultato il testo "Ossi. Storia, arte, cultura" di Marcello Derudas - info sulla pubblicazione |
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