ARCODenominazioni alternative
Arcu, Archu, Arcuasila, Arcedda Localizzazione geografica e situazione attuale I.G.M.: Foglio 548 sezione IV - Senorbì, scala 1:25.000; altitudine ca. 170 metri s.l.m. - toponimi segnalati: Pranu Accedda; Nostra Signora d'Itria La villa sarebbe da localizzare in prossimità del confine tra i territori degli attuali comuni di Selegas, Senorbì ed Ortacesus e più precisamente in località "Pauli Arco" quasi in prossimità della confluenza dei torrenti Riu Canali e Riu Cixi, proprio ai piedi della collina su cui residuano i ruderi del nuraghe Corru Cottu, circa 2 km a nord/nord-ovest di Senorbì, quasi a metà strada con Ortacesus ed a circa 3 km da Selegas. Il territorio di pertinenza del villaggio era ricompreso negli attuali comuni di Selegas, Ortacesus e Senorbì e comprendeva una zona leggermente ondulata molto fertile ed a tratti parzialmente paludosa per effetto dei torrenti che la attraversavano, oggi ormai completamente bonificata. Alcuni autori ritengono che il centro sorgesse in prossimità dei ruderi della chiesa di Nostra Signora d'Itria mentre altri suppongono che fosse a qualche centinaio di metri di distanza, in località "Pranu Arcedda". La prima ipotesi resta la più plausibile in quanto nei dintorni della chiesa sono presenti numerosi resti di embrici e di altri materiali di cultura che denotano la presenza di un insediamento medievale. Il suo territorio confinava con quelli di Selegas, Cixi, Simieri, Villacampo ed Ortacesus Antica diocesi di appartenenza: Dolia Notizie e documenti storici La prima menzione della villa è probabilmente in un documento del 2 marzo 1112 che riporta la donazione della chiesa di Santa Maria di Arco ai Vittorini della chiesa di San Saturnino di Cagliari, che venne successivamente confermata il 2 maggio dello stesso anno da Mariano (Torchitorio II), giudice di Cagliari. Oltre alla chiesa venivano ceduti servi, vigne, orti ed altri annessi. La villa viene menzionata in diverse occasioni anche nelle famose carte volgari campidanesi edite dal SOLMI le quali ci danno notizia di un certo Frau d'Arcu che funge da testimone in un atto d'acquisto effettuato da Paolo vescovo di Suelli negli anni 1200-1212, mentre nella carta n. XIX del 10 luglio 1225, nell'elencare i confini del podere di prato di Sisini donato alla giudicessa Benedetta di Cagliari a San Giorgio di Suelli, viene detto: "... et clonpit adssa bia ki badi daa Sisini ad Arcu ..." ossia, arriva alla strada che porta da Sisini ad Arco. Nella cosiddetta "donazione della Trexenta" viene citata tra le ville donate da Torchitorio a suo figlio Salusio ma non vengono segnalati i confini in quanto il villaggio era situato all'interno della Curatoria. Dopo la scomparsa e lo smembramento del Giudicato di Cagliari avvenuto nel 1257-58, un terzo del territorio giudicale, tra cui anche la Trexenta, fu assegnato a Guglielmo di Capraia che rivestiva altresì la carica di giudice di Arborea. A Guglielmo successe Mariano di Bas, il quale nominò il Comune di Pisa erede universale. Alla morte di Mariano seguirono una serie di contese tra gli eredi Capraia e Pisa ed i territori facenti parte del terzo cagliaritano, furono confiscati dal comune toscano nel 1307. A partire dal 1313 Pisa prese ad amministrare direttamente i territori della Trexenta nominando dei rettori e dei funzionari e procedendo a periodici censimenti fiscali, denominati "Composizioni". Nella composizione realizzata dai pisani negli anni 1320-1322, "Villa Archu" contribuiva con 4 libbre e 10 soldi in moneta dovute per il "datio" (3 libbre e 10 soldi) e per il "dirictu tabernarum vini" (1 libbra). Doveva inoltre corrispondere 18 starelli di grano e 12 di orzo. Con la conquista aragonese, venne infeudata al valenzano Guglielmo Serrano, unitamente ad Arixi e dopo la seconda pace tra la Corona di Aragona e Pisa, fu ceduta in feudo a questo comune, unitamente al resto della Trexenta ed alla Curatoria di Gippi. Nel 1359 il comune toscano fece redigere un'altra composizione e "Villa Archo" contribuiva versando complessivamente 4 libbre in moneta della quali 3 per "datio" ed una per "dirictu tabernarum". Doveva inoltre versare 20 starelli di grano ed altrettanti d'orzo per i quali dovevano contribuire una tantum anche i palators con uno starello di grano ed uno di orzo. La contribuzione in moneta pertanto era sostanzialmente invariata rispetto a quella del 1322, mentre era leggermente aumentata quella in natura. Nella composizione del 1359 i redditi dei contribuenti del villaggio venivano stimati complessivamente per un totale di 44,5 libbre attribuite a 4 persone delle quali 3 aravano con un giogo, mentre uno era un "palator", con residenza nel villaggio. Il villaggio viene citato in un documento del 15 aprile 1455 che elenca i confini delle ville limitrofe, Sitgi e Simieri, che in quel tempo erano oggetto di un contenzioso tra Aldonsa de Besora, Pietro De Sena, signore della Trexenta e l'Arcivescovo di Cagliari che, a seguito dell'unificazione delle diocesi di Suelli con quella di Cagliari, era subentrato nei diritti della diocesi suellense su questi villaggi. Una villa denominata Arcu viene citata nei conti del sale ma non è possibile stabilire se si tratta del nostro villaggio o di quello omonimo sito nella Curatoria di Decimo. Non ci sono cenni dell'abitato nelle Rationes, che dovrebbe essersi spopolato antecedentemente al 1421 in quanto non risulta tra le ville popolate donate a Giacomo de Besora il 10 febbraio di tale anno e successivamente a lui riconfermate il 1 luglio 1434. E' probabilmente la "Archuasili" citata dal Manno come spopolata in epoca imprecisata al tempo del Fara Luoghi di culto Come accennato in precedenza, sono rimasti i ruderi della chiesa dedicata alla Nostra Signora d'Itria, comunemente identificata in letteratura con la Santa Maria donata ai monaci Vittorini nel 1112. L'edificio, a navata unica con l'ingresso orientato ad ovest, risulta edificato su un preesistente fabbricato di età tardo romana probabilmente adibito in precedenza ad impianto termale. Per la sua realizzazione venne impiegato pietrame locale ed in alcuni punti si intravedono tratti di muratura in mattone cotto, riferibili all'edificio originario. Non sappiamo sino a quando i Vittorini restarono in possesso di questo edificio e delle sue proprietà e nell'inventario dei beni del priorato di San Saturno di Cagliari, predisposto nel 1338 dal frate Guglielmo de Bagarnis, non compaiono i possedimenti di Archu, segno che probabilmente aveva avuto successo la politica pisana (ed in seguito anche aragonese) mirante ed estromettere tale ordine monastico dai loro possedimenti sardi. Nella carta IGM è segnalata “Nostra Signora d’Itria” ma non compare il simbolo della chiesa Scopri maggiori notizie in chiesecampestri.it Esplora il territorio vai alla mappa Scheda a cura di Sergio Sailis, studioso di storia locale - vai al suo blog trexenta storica |
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